C’è un collegamento tra adozione e iperattività? Con questo articolo voglio rispondere ad una domanda che mi è stata fatta da una mamma. Si tratta di un quesito che ho dovuto approfondire anch’io perché non ero sicura della risposta. Quindi rigrazio la signora per la domanda perché mi ha permesso di riprendere un argomento che ho affrontato in passato durante il tirocinio post-laurea ma che era molto che non affrontavo. Quindi, esiste una relazione tra adozione e iperattività? La risposta è sì: le ricerche mettono in luce che una percentuale di bambini adottati presenta il disturbo chiamato ADHD.
L’adozione: cos’è?
L’adozione è un’esperienza di accoglienza prima di tutto ma anche di un grosso dolore. “Adottare significa scegliere di essere pienamente padri e madri di un figlio che non è nato in famiglia, portatore di una propria storia dolorosa, che chiede di essere pienamente riconosciuto e accompagnato nella vita come figlio da adulti che, pur non dimentichi del suo passato, siano capaci di uno sguardo fiducioso sulle sue possibilità di realizzarsi umanamente.” Questo è ciò che viene scritto nel sito “Famiglie per l’accoglienza” e secondo me sintetizza molto bene l’esperienza dell’adozione. Quello che mi interessa in questo momento mettere in luce è la storia del bambino adottato. In base alla letteratura, i figli adottivi, anche molto piccoli, hanno maggiori problematiche di natura psicologica rispetto a quelli biologici, proprio in virtù di un passato con molte criticità: dall’esperienza dell’abbandono che di per sé lascia un grosso trauma psicologico e le precedenti esperienze di disagio economico e sociale. Le aree più colpite sono: quella della regolazione emotiva, l’area relazionale, l’area dell’adattamento sociale, così come l’apprendimento. Alcuni tra i disturbi maggiormente presenti sono: disturbi della condotta e disturbo da deficit di attenzione e iperattività (ADHD).
L’iperattività cos’è?
L’iperattività è una delle componenti del disturbo da deficit di attenzione e iperattività, nominato anche DDAI, nella sigla italiana o ADHD nella sigla inglese. Ne ho parlato meglio nell’articolo “Iperattività: quando il corpo sembra non rispondere ai comandi“; quello che ricordo qui è che si tratta di un disturbo evolutivo dell’autocontrollo che può davvero compromettere la qualità della vita dei bambini, e non solo, anche della famiglia. Inoltre l’ADHD è un disturbo di originie neurobiologica causato da un’interazione di più fattori, genetici e ambientali, tra i quali l’uso durante la gravidanza di alcool da parte della madre biologica. Le esperienze di maltrattamento, di abuso sessuale e fisico, la trascuratezza nelle cure, fattori spesso sono presenti nelle storie dei bambini adottati, sono spesso responsabili di un forte impatto negativo sull’organizzazione psicologica del bambino.
Adozione e iperattività: quale collegamento?
C’è quindi un collegamento tra adozione e iperattività? A quanto pare, esiste un’incidenza maggiore nei bambini adottati del disturbo di disattenzione e iperattività. Una ricerca condotta da S. Giribone, I. Maraucci e D. Besana (SOC Neuropsichiatria Infantile dell’ A. O. di Alessandria) e presentata al VII Congresso Nazionale sul disturbo da deficit di attenzione e iperattività (Padova, 2009),ha messo in luce che il 12% dei bambini con diagnosi DDAI risultava adottato. A livello nazionale addirittura il 43% dei bambini diagnosticati DDAI in Italia erano stati adottati (Vedi: https://www.stateofmind.it/2015/10/adozione-adhd/).
Dott.ssa Serena Costa, psicologa dell’infanzia (serenacosta.it@gmail.com)
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