Cos’è l’attenzione e cosa invece la concentrazione? Vi è mai capitato di sentirvi dire che voi o i vostri figli siete distratti e poco attenti, che non riuscite a concentrarvi o che sembrate su un altro pianeta? Avete mai avuto la sensazione di far fatica nell’ascoltare qualcuno che vi sta parlando o nel ricordare ciò che vi ha appena detto, o ancora, fatica nel fare più cose contemporaneamente o nel controllare le vostre reazioni?
Se la risposta è sì ad alcune o a tutte queste domande, forse questo articolo può fare al caso vostro.
La prima cosa da sapere è che l’attenzione è una funzione cognitiva necessaria all’esecuzione di tutte le attività quotidiane, scolastiche, extra-scolastiche, lavorative e non (guidare una macchina, usare un computer, avere una conversazione, svolgere uno sport……). La concentrazione è un processo specifico che consente di dirigere l’attenzione verso un obiettivo specifico.
La seconda cosa da sapere è che l’attenzione non è una funzione cognitiva unitaria, bensì è una funzione che ha diverse componenti e può essere spiegata attraverso diversi modelli. Di seguito alcuni elementi importanti.
Due immagini che spiegano l’attenzione
L’attenzione può essere descritta come un filtro, perché una delle sue funzioni è quella di selezionare gli stimoli giusti che servono per quell’attività e quel contesto in cui ci si trova. Per esempio quando andiamo in macchina non tutti gli stimoli catturano la nostra attenzione: può essere selezionato il colore del semaforo ma non il colore del vestito di un passante. Accade che alcune informazioni vengono catturate precocemente, altre in momenti successivi. Per esempio le informazioni sul passante potremmo pensare di non averle selezionate ma in realtà se successivamente veniamo interpellati per testimoniare a causa di un incidente, può essere che riusciamo a recuperarle proprio perché esse sono entrate nel nostro sistema psicofisiologico ma sono arrivare alla nostra attenzione solo successivamente. Occorre, inoltre, sapere che stimoli uditivi e stimoli visivi sono elaborati in modo diverso e, quindi, può succedere che una persona riesca a prestare maggiore attenzione agli uni piuttosto che agli altri.
L’attenzione può essere descritta anche come un fascio di luce che illumina ciò sul quale va riposta attenzione. L’attenzione viene guidata da un meccanismo deputato alla programmazione e al controllo dei processi cognitivi in relazione alle priorità, agli scopi e alle condizioni esterne. In parole più semplici esiste un centro di controllo che distribuisce risorse attentive a seconda del bisogno.
Gli elementi dell’attenzione
Il tempo che noi impieghiamo per rilevare la presenza di uno stimolo viene chiamato tempo di reazione. Esso è una misurazione base dell’attenzione. Pensate ad esempio quanto può essere importante avere dei tempi di reazione nella norma nel caso in cui si è alla guida. E’ fondamentale rilevare velocemente uno stimolo imprevisto (per esempio un pedone che sta per attraversare o un sasso in mezzo alla strada) per poter frenare velocemente e non creare un incidente.
C’è un’altra distinzione da conoscere relativamente al tempo: il tempo con cui si riesce a mantenere l’attenzione su uno stesso stimolo indica la capacità di attenzione sostenuta. Questo tipo di attenzione richiama il concetto di concentrazione che fa proprio riferimento alla capacità di mantenere l’attenzione su quel determinato stimolo inibendo stimoli distraenti oppure riportando l’attenzione nuovamente allo stimolo originario.
La quantità di informazioni che, invece, può essere colta contemporaneamente e mantenuta nella memoria (che in questo caso si chiama memoria di lavoro), viene chiamata span. Si tratta anche questo di un elemento importantissimo perché permette di essere molto più efficaci nelle varie situazioni, in particolare in situazioni di apprendimento. Chi riesce a tenere attive un gran numero di informazioni è sicuramente più avvantaggiato di chi riesce a tenere attivi solo pochi stimoli alla volta. Questo ha un’importantissima ricaduta nell’apprendimento e quindi nella scuola. Bambini con uno span attentivo piccolo avranno sicuramente prestazioni scolastiche più scadenti.
Ci sono attività che, una volta apprese, diventano automatiche e quindi richiedono poca attenzione (per esempio camminare, salire le scale, scrivere, guidare…), mentre altre che ne richiedono, invece, molta.
Nel caso in cui ci sono più compiti da fare contemporaneamente (per esempio ascoltare la lezione e scrivere appunti) quello che accade è che l’attenzione va distribuita sui due compiti (attenzione divisa), oppure se si sta ascoltando la lezione è importante saper inibire altre informazioni non pertinenti (per esempio quello che succede fuori dalla finestra) oppure ancora è importante saper spostare l’attenzione alternativamente sui due compiti (shifting dell’attenzione): per esempio se durante la lezione l’insegnante passasse da un argomento all’altro o da una modalità di spiegazione all’altra, ecc.
Attenzione: cognizione o emotività?
Questi tipi di attenzione richiedono abilità esecutive di programmazione e controllo. Nonostante queste funzioni cognitive abbiano diversi fondamenti neurobiologici, è importante ricordare che possono subire l’interferenza anche di elementi emotivi.
Bambini considerati disattenti e iperattivi, ma anche adulti o anziani che faticano a concentrarsi potrebbero avere qualche difficoltà specifica in uno o più di questi ambiti neuropsicologici, ma potrebbero anche manifestare difficoltà attentive più per altri aspetti di origine emotiva. Solo un’analisi clinica permette di capire quale dei due fattori sia il principale.
E’ importante sapere che le difficoltà attentive possono essere migliorate. Per chi volesse conoscere il proprio profilo cognitivo e volesse migliorare le sue prestazioni, può scrivermi all’indirizzo serenacosta.it@gmail.com per prenotare una valutazione.
Dott.ssa Serena Costa, psicologa dell’infanzia (serenacosta.it@gmail.com)
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