L’empatia è un termine che può sembrare piuttosto astratto ma che in realtà rappresenta un fenomeno molto naturale e arcaico che caratterizza l’essere umano. Avete mai visto un bebè mettersi a piangere perché ha sentito un altro fare altrettanto? Oppure vi siete mai commossi alla vista di un film? Oppure ancora avete offerto il vostro aiuto ad una persona in difficoltà? E per caso ricordate la frase: “Non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te”? Non so quale sia la vostra esperienza ma a me i miei genitori l’hanno ripetuta spesso. Questa frase e le situazioni appena descritte rappresentano il concetto di empatia, cioè quell’esperienza che permette di metterci in connessione con gli altri.

Empatia: cos’è

L‘empatia è un’importante capacità emotiva e sociale che permette di comprendere emozioni, pensieri e stati d’animo di qualcun altro in modo immediato e istintivo, proprio come se si trattasse di un nostro vissuto.  E’ come se provassimo a indossare un vestito di qualcun altro per avvicinarsi al suo modo di sentire; è da questo concetto che deriva il modo alternativo di definire l’empatia con la frase “mettersi nei panni degli altri”.

Martin Hoffman, docente di psicologia dell’Università di New York, propone un modello di empatia a tre componenti nel suo libro “Empatia e sviluppo morale”: componente affettiva, cognitiva e motivazionale.

La componente affettiva è proprio la prima a svilupparsi e che si osserva quindi nei neonati. Si tratta proprio di una reazione istintiva agli stati emotivi dell’altro che avviene senza mediazione del pensiero. Se l’altro è triste, anch’io divento triste; se l’altro è felice, lo divento anch’io. Basta osservare attentamente i dialoghi comunicativi che avvengono tra la mamma e il suo cucciolo per accorgersi quanto i bambini si fanno contagiare dalle emozioni della madre.

La componente cognitiva che riguarda il pensiero si sviluppa successivamente con la sviluppo e consiste nella capacità di riconoscere e dare un nome agli stati emotivi vissuti da altre persone e di ipotizzare pensieri e desideri dell’altro.

La componente motivazionale riguarda il desiderio di aiuto che nasce in seguito all’esperienza empatica. Il fatto di poter fare qualcosa per l’altro fa provare uno stato di benessere e scongiura, invece, il senso di colpa.

Empatia: perché è importante

L’empatia è un’esperienza precocissima che si crea all’interno di una relazione significativa, quella genitoriale. Se questa capacità viene vissuta ripetutamente e favorita dal contesto in cui si nasce e si cresce si costruiranno relazioni felici e appaganti; se, invece, il bambino non riesce a farne esperienza, cioè le figure di riferimento non riescono a empatizzare con il suo vissuto, si aprono le porte a relazioni difficili (leggi anche Violenza e Conflitto: una differenza importante e Bullismo: cos’è e come si manifesta).

L’empatia è una capacità relazionale importantissima, quindi, perché permette di mettere in atto comportamenti che avvicinano le persone anziché allontanarle. Essere empatici è importante perché grazie alla comprensione del vissuto dell’altro possiamo orientare il nostro comportamento verso l’aiuto anziché verso l’aggressività. Per usare le parole di Martin Hoffman, l’empatia è come “la scintilla che fa scaturire l’interesse umano per gli altri, il collante che rende possibile la vita sociale”.

Empatia: esempi

Una mamma empatica che riesce a intercettare i bisogni affettivi del suo bambino, può rispondere offrendo la sua presenza e attenzione quando ce n’è bisogno, permettendo al piccolo di sentirsi visto e accolto. Una mamma poco empatica potrebbe far fatica nell’intercettare i bisogni affettivi del suo bambino, lasciandolo quindi frustrato e incompreso.

Un bambino che ha rotto un gioco ad un compagno, se ha sviluppato la sua capacità empatica, si dispiace per primo e si attiva per scusarsi o per aggiustargli il gioco. Un bambino che ha rotto un gioco ad un compagno e non ha sviluppato la sua capacità empatica, ignora il dispiace o l’arrabbiatura del bambino lasciando nella relazione una ferita aperta.

Se una bambina è empatica non prende in giro le compagne perché sa che non è piacevole essere presi in giro. Se una bambina non è empatica prende in giro le compagne perché non si prende cura del dispiacere che arreca o addirittura se ne compiace.

E con gli esempi si potrebbe continuare all’infinito. Voi come siete, empatici o meno? E i vostri figli?

Dott.ssa Serena Costa, psicologa dell’infanzia (serenacosta.it@gmail.com)

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